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Può il regolamento di condominio impedire l’esercizio di un ristorante?

Il Caso: La vicenda in commento trae origine dalla richiesta di un condomino, residente al primo piano di un condominio in Napoli, di impedire l’esercizio dell’attività di ristorazione ai proprietari dell’appartamento confinante, che avevano collegato detto appartamento (prima destinato ad abitazione) al ristorante pizzeria posto al piano terra dello stabile. L’attore infatti sosteneva che il regolamento condominiale e una delibera assembleare dell’11 giugno 2001, avrebbero vietato tale destinazione e che la nuova destinazione d’uso dell’appartamento confinante sarebbe stata fonte di intollerabili immissioni di rumori.

La Cassazione civile, sez. II, con sentenza del 20/10/2016, (ud. 20/09/2016, dep. 20/10/2016), n.21307 ha chiarito che ciò è possibile, solo se espressamente previsto dal regolamento condominiale di origine contrattuale (cioè predisposto dall’originario proprietario unico dello stabile o approvato all’unanimità da tutti i condomini), con divieto di interpretazione analogica delle limitazioni ivi risultanti.

Statuisce infatti la Cassazione: “anche di recente si è ribadito che (cfr. Cass. n. 19229/2014) il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest’ultimo caso, peraltro, per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sè, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentate intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela. … la compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, deve risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze (cfr. Cass. nn. 20237/09 non massimata, Cass. n. 16832/09 non massimata, Cass. n. 9564/97, Cass. n. 1560/95; Cass. n. 11126/94; Cass. n. 23/04 e Cass. n. 10523/03)”.

Conseguenza di tale ragionamento è che si deve: “rifuggire da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto attiene all’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, ma ancor più per quanto concerne la corretta individuazione dei beni effettivamente assoggettati alla limitazione circa le facoltà di destinazione di norma spettanti al proprietario. … Solo le limitazioni espressamente previste possono reputarsi operative, essendo il silenzio sintomatico, più che di una volontà di porre dei limiti, piuttosto della necessità di preservare integre le facoltà tipiche del diritto di proprietà.” .

Dunque, prima di iniziare un contenzioso e soprattutto prima di acquistare un immobile, qualora lo si voglia destinare ad attività potenzialmente “moleste” è necessario leggere con attenzione il regolamento condominiale, accertarne la natura contrattuale o meno e quindi l’opponibilità, perché solo ciò che è chiaramente ed espressamente vietato, può essere impedito.

Avv. Carlo Maggio

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