L’amministratore del condominio non è un organo interno del
condominio, ma ha con lo stesso un rapporto di mandato: è “mandatario“, perché nello svolgimento della sua attività di gestione della cosa
comune, deve eseguire i compiti e decisioni prese dall’assemblea in nome e per conto del condominio, pertanto, si applicano le regole del contratto di mandato, secondo il codice civile (artt. 1710 cc e seg.).
Nel campo civile, infatti, la sua responsabilità potrà aversi quando, l’amministratore eserciti i propri poteri scorrettamente,
ossia, non secondo “l’ordinaria diligenza o la cd diligenza del buon
padre di famiglia” ovvero in modo negligente o nell’ipotesi in cui non eserciti affatto i propri poteri o la gestione, pur essendovi tenuto“.
Dunque in caso di violazioni, irregolarità, inadempimenti rispetto
all’attività di gestione ed ai suoi compiti si configura la cd “responsabilità contrattuale da violazione delle regole di mandato”,
sanzionata nei militi della “colpa“. Ciò in caso di “negligenza
imprudenza o imperizia o cattivo o scorretto uso di poteri, con
conseguente obbligo da parte dell’amministratore di risarcire il
danno”.
Ancora, l’amministratore potrà anche incorrere in “responsabilità
penale“, come del resto ogni comune cittadino, quando, nell’esercizio
delle sue funzioni commetta reati.
Si profila una responsabilità di tipo “omissivo” ( ai sensi dell’art
40 cp), tutte le volte in cui “colui che ha l’obbligo giuridico di
attivarsi, rivestendo una posizione di garanzia, e non si attivi per
evitare o prevenire eventi dannosi“.
L’amministratore allora, nell’esercizio delle sue funzioni può
commettere, ad esempio, reati comuni quali la “diffamazione“, nel caso
in cui pubblichi un’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale
contenente una denuncia di un condomino, non corrispondente al vero,
ovvero il reato di “violazione di domicilio“, nell’ipotesi in cui si introduca nell’appartamento di un condomino “contro la sua volontà” per effettuare dei controlli autorizzati con delibera assembleare.
L’art 614 c.p., punisce, infatti, chiunque si introduca
nell’abitazione altrui o in altro luogo di privata dimora, contro la
volontà esplicita o tacita di chi ha il diritto di escluderla, ed è
punito, a querela della persona offesa.
Il fatto potrà, tuttavia, essere “aggravato“, quando è commesso con
violenza sulle cose o sulle persone, o da persona armata, perché la
pena è più elevata (da due a sei anni), e si procederà d’ufficio.
Nella specie, la Cassazione sezione penale, ha ritenuto sussistente
l’aggravante, nella condotta dell’imputato che, pur avendo operato la
forzatura della serratura della porta d’ingresso dell’appartamento,
aveva effettuato la sua sostituzione alterandone la sua originaria
consistenza, contro la volontà del proprietario ( Cass. penale sez V sent.n.
23579/2018).
La norma è posta a tutela della pace e della libertà domestica, per
salvaguardare il proprio spazio individuale, tutelando il rapporto
persona, sfera domestica ed ambiente,
Integra invece, il delitto di violenza privata (art. 610 c.p.) la
condotta di colui che occupi, anche in un condominio, il parcheggio
riservato ad una specifica persona invalida, in ragione del suo
status, impedendone l’accesso e quindi, privandola della libertà di
determinazione e di azione (ipotesi in cui l’imputato aveva
abusivamente occupato il parcheggio riservato ad uno specifico
disabile dalle 10.00 di mattina fino alle due di notte, orario in cui
l’autovettura era stata poi rimossa coattivamente dalla polizia
locale (Cass. penale sent. n. 17794/2017).
Avv. Paola Di Bonito
Giudice Onorario del Tribunale di Santa Maria C.V.
Pic by avv. Carlo Maggio
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